Giulia Calvani
Mi chiamo Giulia Calvani, ho 21 anni e sono di Roma. Quando mia madre è rimasta incinta, negli ultimi mesi di gravidanza lasciava appoggiato il telecomando sulla pancia: a quanto dicono, al solo sentire la musica il telecomando iniziava a muoversi rapidamente, quasi fosse a tempo. La mia paura più grande, è l’incertezza di non saper definire le cose, di lasciarle sospese senza un senso più grande, senza una meta. Con la musica, questa paura non ha mai preso il sopravvento. Così ho iniziato a fare seriamente, quello che prima facevo costantemente ma senza prospettiva: cantare. E ho cantato di tutto: dalla ragazzina del coro della Chiesa, alla quindicenne ribelle che cantava solo rock, ai diciassette con la presa di coscienza e l’inizio di uno studio mirato. Nel mio percorso, fin qui, sono stata accompagnata dal tormento interiore di Edith Piaf e dalla voce drammatica e spezzata di Amy Winehouse, che da sempre vibrano nelle mie orecchie. Sono un’universitaria, sto per laurearmi, ma nonostante gli impegni quotidiani mi sono lasciata convincere un anno fa a tentare di entrare in Accademia Spettacolo Italia. Dio benedica quel giorno. Mi hanno aiutata a capire cosa dovevo essere per sentirmi a casa, felice. Hanno costituito tutti insieme il motivo per cui tre giorni al mese potevo realmente mettere in pace il cuore, al sicuro da ogni frenesia immotivata. Ogni persona che ho incontrato ha scoperto una Giulia diversa, l’ha stravolta, l’ha incoraggiata, l’ha resa più forte. L‘Accademia mi ha dato la sicurezza vocale che prima mancava, la tecnica, senza mai soffocare quella creatività peculiare che oggi, grazie al loro aiuto posso mettere nelle mie canzoni. Da un anno a questa parte, quando salgo su un palco il primo pensiero sono io, non più tutti gli altri, i giudizi, i pensieri contrastanti. Esisto io, la mia musica e chi si lascia andare a quello che ho da dire, a quello che ho da dare. E quello che ho da dire e dare è tanto, più di quanto io realmente mi senta pronta ad ammettere. Non sono una persona facile, diretta, ambiziosa, forse fragile. Chi si è preso un attimo della sua vita per provare a capirmi, io lo ricompenso ogni giorno con un pensiero, con una lista mentale delle cose belle o educative che mi sono successe. Sentirsi pronti ad essere qualcosa per tutta la vita, è qualcosa che non si può descrivere, ma si deve urlare. Io ho urlato, mi sono ripromessa di voler essere sempre come quella “me” di quattro anni fa, che con le mani strette al petto cantava “Je ne regrette rien”, per la prima volta consapevole della forza interiore che ora so, finalmente, di possedere. Ad maiora.